Chi ha partorito o assistito a un parto ha un’idea di quanto è intenso il dolore che una donna può provare in quel momento. Durante il travaglio, che non per caso si chiama così, si possono dire delle frasi che poco dopo rimuoverai o di cui ti pentirai per sempre, perché si sa, la gioia di avere un figlio, di sentirlo tra le braccia, fa sperimentare automaticamente il senso del “ne è valsa la pena”.
In una community di mamme è stato chiesto di “confessare” le offese urlate durante il travaglio. Eccone alcune abbastanza “estreme”:
- ho detto alla mia ginecologa di non fare la lesbica (anche se non lo è) perché era troppo agitata quando mi si sono rotte le acque
- con il mio secondo figlio ho tentato il parto vaginale dopo il cesareo, dopo 36 ore di travaglio e due e mezza di spinte sono stata portata di urgenza in sala parto. Quando finalmente mi hanno dato qualcosa per il dolore ho baciato l’anestesista e gli ho detto che lo amavo. Davvero, credevo che fosse mio marito
- ho letteralmente chiuso le mie gambe e detto a mio marito e al dottore: “torno domani“
- quando finalmente mio figlio è uscito e me l’hanno avvicinato ho chiesto: ” è mio?”
- non fraintendetemi, io amo mio figlio. Ma è il mio quarto maschietto. Quando è nato ho gridato: “non è una bambina? Rimettetelo dentro e proviamo un’altra volta”
- “Voglio morire“
- ho annunciato: “va bene, non posso farlo, quindi ragazzi dovrete immaginare qualcos’altro“
- al dottore “mentre sei già lì prosegui e lega quelle tube. Graziemille“
- il mio povero marito ha dovuto assistere a questo, continuavo a gridare: “perché io, perché proprio me?!”
- non me lo ricordo, ma pare che abbia detto al mio fidanzato che non avremmo mai più fatto sesso insieme
- con il mio secondo figlio ho annunciato a tutti che sarei andata in Messico. Credo di aver pensato che lasciare il Paese, in qualche modo, mi avrebbe aiutato a portare a termine il travaglio
fonte: net1fun.com