A tutti è capitato di uscire dall'acqua, magari dopo una bella nuotata o un bagno rilassante nella vasca, e ritrovarsi le dita ricoperte da piccole ma profonde rughe: quasi come se la pelle avesse iniziato ad assorbire come una spugna. Alcuni ricercatori dell’università britannica di Newcastle si sono chiesti se tale fenomeno poteva avere una spiegazione scientifica o – meglio – evolutiva: hanno così condotto un esperimento, lo scorso anno, i cui risultati sono stati riportati dal giornale della Royal Society Biology Letters.
In particolare hanno chiesto ad alcuni volontari di afferrare delle biglie immerse in una bacinella colma d’acqua, farle passare attraverso una stretta fessura e, infine, depositarle in un secondo contenitore. Niente di più facile per verificare la capacità di maneggiare piccoli oggetti. Grazie a questo semplice esercizio, infatti, è stato possibile osservare come i partecipanti con le dita precedentemente rese rugose dall'acqua portassero a termine il proprio compito molto più velocemente degli altri volontari con le mani asciutte e la pelle liscia. Ma, allo stesso modo, nessun vantaggio specifico è emerso per le dita increspate dall’umidità quando si trattava di muovere oggetti asciutti. Questo suggerisce che quelle pieghine che compaiono sulla pelle avrebbero una specifica funzione, ossia quella di migliorare la presa di materiale posto sott'acqua: quindi non sono semplicemente la conseguenza del rigonfiamento dovuto all'immersione prolungata nellacqua.
L'ipotesi degli autori della ricerca è che i nostri antenati abbiano iniziato a sviluppare questa caratteristica laddove era necessaria per procurarsi risorse (in primo luogo alimentari) in ambienti umidi o proprio dall'acqua. Questo spiegherebbe anche l'evidenza di studi precedenti che avevano rilevato come le rughe sui polpastrelli fossero causate dalla costrizione dei vasi sanguigni che si attiva non appena la pelle entra in contatto con l'acqua. Tale meccanismo di risposta è governato dal sistema nervoso: questo ha portato i ricercatori a supporre che quelle grinze avessero una specifica funzione autonoma, dovuta all'evoluzione, e non fossero esclusivamente un effetto dell'acqua.
Tali conclusioni sono state messe in discussione recentemente da un'altra ricerca, opera di un gruppo di scienziati tedeschi del Max Delbrück Center for Molecular Medicine e della Charité Universitätsmedizin di Berlino: uno studio accurato che tendeva a voler dimostrare che le dita raggrinzite, in realtà, non servissero a nulla. Peccato che il lavoro sia finito tra le candidature per l'IgNobel 2014, anche se non si è accaparrato il tanto "desiderato" trofeo.