Chi cammina più lentamente e fa meno attività fisica è più esposto all'infarto. E' stato pubblicato sul «Journal of the American College of Cardiology», la più importante rivista scientifica di settore, lo studio del team di ricercatori padovani guidati scientificamente da Giuseppe Sergi, dirigente medico della Clinica Geriatrica, e Nicola Veronese, dottorando in Scienze Cliniche e Sperimentali con Curriculum in Scienze Ematologiche e Geriatriche dell’Università di Padova.
La ricerca, condotta su 3099 anziani di età superiore ai 65 anni in un arco temporale di osservazione che va da uno a quattro anni, dimostra che l’infarto e le malattie cardiovascolari in soggetti oltre i 64 anni nascono dalla “fragilità” del paziente. Il soggetto che invecchia perde progressivamente le capacità fisiche tipiche dell’età giovanile: si muove meno, si affatica più facilmente, non è più in grado di svolgere le proprie attività con la stessa efficienza del giovane-adulto. Queste modificazioni indotte dall’invecchiamento vengono indicate appunto come “fragilità” dell’anziano.
Ad affiancare l'equipe padovana nella ricerca due importanti nomi nell’ambito della ricerca medica: i professori Enzo Manzato, Direttore della Clinica Geriatrica di Padova, e Gaetano Crepaldi.
«Nel lavoro in questione – spiega Giuseppe Sergi - abbiamo misurato la “pre-fragilità” (lo stato che precede la “fragilità”) e si è visto che i soggetti che presentano le caratteristiche della “pre-fragilità” sono più esposti a infarto, ictus e malattie cardiocircolatorie, in particolare le malattie osservate sono state patologie quali infarto miocardico, ictus cerebrale, scompenso cardiaco e mortalità cardiovascolare.
La misura della “pre-fragilità” si è basata sul tempo impiegato a percorrere 4 metri a passo normale, la forza con la quale si stringe la mano, la quantità di attività fisica svolta come passatempo e la presenza di perdita di peso non intenzionale. Una riduzione della velocità del cammino è risultato il più importante predittore di malattie cardiovascolari durante i 4 anni di osservazione di questi oltre 3000 anziani.»
La ricerca dimostra quanto sia necessaria l’attività fisica, anche nell’anziano, per prevenire le malattie cardiovascolari, suggerendo anche alcuni interventi mirati quali un’alimentazione corretta, un supplemento di vitamina D, la riabilitazione cardiaca e la riduzione dei farmaci.