La notte più lunga dell’anno è giunta: con il solstizio del 21 dicembre, l’appuntamento che per quest’anno è previsto per le 17:11 secondo l’orario di Greenwich (in Italia saranno le 18:11), entriamo definitivamente nell’inverno, benché il freddo ci accompagni già da tempo e l’atmosfera natalizia avvolga le nostre città da settimane. Come in ogni occasione del genere, non mancheranno celebrazioni all’insegna di neo-paganesimi e tendenze new age; ma cosa succede esattamente sulle nostre teste, ogni volta in cui si ripete tale fenomeno?
Accade che, nel corso del suo moto apparente lungo l’eclittica, il Sole raggiunge due volte l’anno un punto di declinazione minima e massima rispetto al nostro Pianeta (per la verità, a muoverci siamo noi con la Terra che compie la sua rivoluzione attorno alla Stella infuocata, anche se va ricordato che il Sole non resta certamente del tutto immobile): al valore massimo corrisponde il solstizio estivo (20 o 21 giugno) quando il giorno raggiunge la sua durata più lunga in tutto il calendario, al lato opposto si colloca il solstizio invernale che può verificarsi il 21 o il 22 di dicembre. Infatti, benché convenzionalmente si sia stabilito l’ingresso della stagione più fredda per il 21 dicembre, i solstizi hanno una cadenza tutt’altro che regolare: poiché il momento tende a slittare ogni anno di circa sei ore, il ritardo accumulato annualmente viene annullato grazie ad un artificio pensato dall’uomo. Ogni quattro anni, quindi, un giorno in più sul calendario (il 29 febbraio degli anni bisestili) serve a riportare indietro il conto, facendo coincidere nuovamente il calendario con le stagioni.
Così come accadeva con tutti i fenomeni che in epoche neanche troppo remote scandivano i tempi e i ritmi delle società contadine – per queste in particolar modo, infatti, l’alternarsi delle stagioni era determinante per il susseguirsi delle attività da cui dipendeva la stessa sussistenza – i solstizi erano collegati a significati importanti, sovente accompagnati da riti e celebrazioni che avevano lo scopo simbolico di assicurare il più possibile che l’evento andasse a buon fine e il ciclo dell’anno non conoscesse variazioni che avrebbero determinato la perdita totale dell’uomo dinanzi ad una natura impossibile da dominare. Oggi quelle antiche festività ritrovano talvolta dei promotori che, tra distorsioni storico-religiose dell’era moderna e desiderio reale di contatto con l’universo, si danno appuntamento per accogliere il Sole nel giorno in cui salirà di meno sull’orizzonte (oggi) o quando raggiungerà il punto di massima altezza (al solstizio d’estate).
E non a caso i due solstizi cadono proprio in prossimità di due festività fondamentali per la religione ed il calendario cristiani: quello invernale, infatti, prepara l’arrivo del Natale, mentre pochi giorni dopo il solstizio estivo, il 24 di giugno, si celebra San Giovanni Battista con la sua notte di riti e auspici. Così, mentre il cugino di Gesù preannunciò l’arrivo del Messia con l’istituzione del Battesimo, il racconto religioso viene trasposto simbolicamente nel percorso del Sole il quale, con la nascita di Cristo, va incontro alle due stagioni in cui prolungherà progressivamente la propria permanenza nei cieli, prima che le giornate inizino lentamente ad accorciarsi con l’ingresso dell’estate. Giusto perché tutto abbia un ordine ben preciso, va quindi ricordato che Giovanni Battista è il solo Santo, assieme alla Vergine Maria, che viene commemorato nel giorno della sua nascita terrena, e non del dies natalis, data della morte e quindi della rinascita alla vita eterna.
Piccola curiosità per concludere: circa 13 giorni dopo il solstizio invernale, la Terra transita al suo perielio, ossia il punto di massima vicinanza al Sole. Quest’anno il giorno previsto sarà il 2 gennaio, alle 5: per chi fosse interessato ad altri riti per salutare la Stella, è il caso di ricordarl