Disastro di Chernobyl, 26 anni dopo

Nessuno ne aveva sentito parlare fino a 26 anni fa. Poi la città ucraina di Chernobyl divenne tristemente nota in ogni angolo della Terra per l’incidente alla sua centrale nucleare. Era il 26 aprile 1986, ore 1:23:45, e, nel corso di un test definito “di sicurezza”, si innescò il più grande disastro nucleare della storia, con esplosioni al reattore n. 4 e una nube di materiali radioattivi che fuoriuscì ricadendo su vaste aree intorno all’impianto contaminandole pesantemente.
Si rese necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336mila persone.
Da allora sono passati 26 anni, ma ancora non è chiaro quale sia il numero di persone uccise dal disastro nucleare di Chernobyl. Gli studiosi non riescono a trovare un accordo sulle cifre. Quello che si sa per certo è che due persone morirono immediatamente per l’esplosione dell’impianto, e altre 29 in ospedale nei giorni seguenti. Ma l’impatto a lungo termine delle radiazioni è più difficile da quantificare. Vent’anni fa John Gittus della Royal Academy of Engineering fece una previsione di circa di 10mila morti, ma oggi alcuni gruppi ambientalisti parlano di numeri a sei cifre.
Dal 2000 la centrale di Chernobyl è definitivamente chiusa. Un sarcofago venne creato a tempo record tra il maggio ed il novembre 1986 intrappolando all’interno le macerie dell’intera struttura che conteneva il reattore.
Oggi si lavora però alla costruzione di un nuovo sarcofago attorno al reattore 4, per sostituire il vecchio, progettato per durare fino al 2016 ma che deve essere ormai rimpiazzato al più presto.
Ma come si presenta oggi l’area del disastro? A distanza di cinque lustri la vera città fantasma non è Chernobyl, ma Pripyat. Oggi la cittadina il cui nome è diventato sinonimo di disastro nucleare è popolata da qualche centinaio di persone, tra scienziati, tecnici, operai che ogni giorno lavorano nei pressi della centrale e all’interno della zona proibita, quella che inizia a 30 km dal reattore numero quattro esploso nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986.
A Chernobyl oggi si vede gente, circolano macchine, qualche bicicletta. Anche se nessuno abita fisso qui e si lavora su turni per evitare prolungate esposizioni alle radiazioni, qualcosa comunque si muove ed è cambiato.
La Ghost City è invece Priypat. A soli 2 km dal reattore comincia infatti la vera e propria terra di nessuno, dove quasi ogni cosa è davvero rimasta immobile come 26 anni fa. Pripyat era stata fondata nel 1970 proprio per ospitare le famiglie e tutti i lavoratori della centrale, fin dalla sua costruzione. Nel 1986 era tre volte più grande della stessa Chernobyl. Una città giovane, in tutti i sensi. Dei quasi 50 mila abitanti oltre 15 mila erano bambini, l’età media totale di 26 anni. Nel giro di un paio d’ore, nel pomeriggio del 27 aprile, circa 36 ore dopo l’incidente, Pripyat fu completamente evacuata. 1200 bus portarono via tutti gli abitanti, dopo che alla mattina via radio era arrivata la notizia di prepararsi a lasciare la città per almeno tre giorni.
Oggi molto è come allora, tutto consumato dal tempo, dai carrelli abbandonati nei supermarket ai libri sugli scaffali della scuola. Si può fare un giro nella vecchia piscina o godersi la vista dalle camere dell’hotel nella piazza centrale. Al parco giochi la grande ruota arrugginita è ancora l’attrazione principale.
La città fantasma è stata addirittura collocata dalla rivista americana Forbes tra le mete più stravaganti dove andare in vacanza. In realtà a Pripyat per ora ci si arriva solo con il permesso delle autorità locali e con tour organizzati.
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